Non mi ricordo com'è iniziato. Per te è solo un gioco, per me deve restare tale.
Quando ti ho conosciuto in realtà non avevo nemmeno capito il tuo nome.
Non mi ero mai interessata troppo a te. Mi incantavano i tuoi racconti, la tua esperienza infinita in confronto alla mia, tutto ciò che avevi visto. Nonostante la ricchezza da cui eri uscito, mantenevi una semplicità e una purezza che pochi altri al tuo posto avrebbero saputo mantenere.
Il tuo sguardo perforante. Le tue mani possenti. La tua muscolatura.
Gentile con me? No, eri molto di più. Mi riempivi di complimenti che all'inizio mi facevano ridere. Anche quando avevo la faccia gonfia e rossa. Quando a cena ci desti l'annuncio sarei sprofondata perchè capii che era tardi, bevvi un bicchiere colmo d'acqua tutto d'un fiato. Ma non hai smesso coi complimenti. Nemmeno ora. Avance non velate, pure con quel vecchio ad incoraggiarti in una situazione poco consona.
Per non parlare di quella sera. Non ero mai stata a quel tipo di feste, tutto stava andando male e avrei ucciso il mio compagno perchè mi aveva ferita per la milionesima volta, mettendo sempre i suoi amici davanti a me, e rendendosi ridicolo per colpa della solita grassona che cerca di farci lasciare, quando sei comparso tu. Non mi ero illusa pensando di vederti. Sentii un tuffo al cuore. "Non guardarmi così". E come avrei dovuto guardarti? Mi hai abbracciata, mi hai fatto ridere, ricordo ancora la tua testa sul mio collo e sul mio petto, le tue labbra e la barba sulla mia guancia, le tue mani altrove. Non accadde altro. In un attimo tutti i miei pensieri erano scomparsi. Avrei voluto sentire quello dal mio compagno, non da te. Infinatamente sbagliato, meravigliosamente reale.
Poi iniziarono i sogni dell'inconscio, accentuati ultimamente, quelli in cui non posso agire. Con te, il tuo corpo, le tue mani, la tua bocca. E ogni volta che vedo il tuo sguardo, il ricordo di quei sogni non fa che mostrarmi un presagio di qualcosa di sbagliato che potrebbe accadere.